Fabio Sandrini ha scelto di prendere avvio dalla realtà: la guarda con mente fervida e ricca e così, impercettibilmente, la trasfigura e trasforma verso lidi lirici, a volte onirici e quasi magicamente surreali, quando non di ironia lieve.
Studiati tagli dell’immagine; isolamento di particolari di paesaggi, animali, persone; uso di cromie primarie: senza che ne possa essere consapevole, l’osservatore è portato dalla prima impressione affascinante della realtà, “esterna” ed apparente, alla profondità “interna” del coinvolgimento emotivo e culturale.
Fabio Sandrini può fare ciò poiché, per dono naturale affinato lungamente con rigore, possiede una mano eccezionalmente docile e abile, come quella di un pittore del rinascimento, aduso ad analizzare l’apparenza luminosa e incidentale della realtà.”
Andrea Bellieni
Incontrare pittori che si dedichino al ritratto di fiori o di parti vegetali (foglie, frutti, ecc.) facendone i soggetti esclusivi della tela, è cosa piuttosto rara.
Per la verità, occupandomi da sempre di botanica, quelli che ho incontrato finora appartenevano al passato, oppure, se attuali, erano artisti per così dire “scientifici”.
C’è qualche artista che del ritratto “vegetale” ha fatto il suo tema espressivo preferito. C’è chi lo fa con l’unico scopo di provare piacere in ciò che realizza.
Ma non capita spesso di incontrare artisti come Fabio Sandrini, che riescono a isolare un singolo “pezzo” vegetale, una foglia, un fiore, facendolo diventare il protagonista dell’opera. Non solo, ma che ritraggono questo soggetto con estrema precisione, lasciando da un lato poco spazio all’immaginazione, e dall’altro stimolando sensazioni di gioia e piacere nel contemplare l’opera. Le sue foglie di Acero, le sue rose, i suoi Lilium sono ritratti con un naturalismo coerente, eppure l’uso sapiente dell’acquerello rende questi ritratti vivi, unici, che “escono dal foglio” e provocano in noi il gusto di riconoscerli come amici di sempre e il desiderio di soffermarci ad osservarne i particolari.”
Bernardino Carpenè
Fabio Sandrini è artista poliedrico. Con estrema versatilità affronta generi artistici diversi: dal disegno alla pittura, dalla scenografia all’industrial design, dalle vetrate artistiche alla grafica pubblicitaria.
Del retaggio scenografico sono testimoni le suggestive vedute di ampi paesaggi marini. Un’armonica articolazione degli spazi è sostenuta da una ricerca cromatica, volta all’elezione di pochissimi toni in grado di rendere la profondità dei piani, l’atmosfera creata da una particolare luce, i dettagli della realtà. Una natura forte, accesa nei colori, dalle suggestioni romantiche.
Anche negli scorci di Treviso, quasi finestre aperte sui monumenti e sulle case, l’attenzione al dettaglio, al particolare architettonico, alla luce, ai colori fa trasparire un particolare amore per questa piccola città d’arte del Veneto.
Veronica Brovedani
Oltre la siepe leopardiana Fabio Sandrini apre nuovi occhi verso l’Infinito.
...interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo...
L’immaginazione prende il sopravvento sulla realtà terrena, fino a escluderla.
L’artista arriva a immedesimarsi nell’incorporea fantastica incerta linea d’unione tra cielo e mare. Lì non c’è presenza dell’uomo, ma il richiamo ancestrale dell’idea umana di eternità, di immortalità, di spiritualità.
Abbraccia e ritaglia lo spazio, fruga il Dio prediletto. Lo cerca e trova con il suo onorevole mestiere: frammento di universo, forme giganti attutite e umanizzate, luci e ombre discrepanti, colori fulgidi o crepuscolari.
Nel solo momento rubato all’inquietudine di Pessoa ... l’universo non è mio, sono io ... la produzione sandriniana si sagoma di veste perspicua e profuma di anima libera.
Con la matita e il pennello stare è meglio di andare.
La pittura è vitale e il lavorio sulla tavola è paziente e metodico, preciso.
Rapido ed evidente lo scorcio tra cielo e mare è insieme magia intellettiva e sentimentale, autentico come un figlio che si ama.
Bruno Pasetto scrittore
INTERVENTO CRITICO dello scrittore BRUNO PASETTO
1 - Inciso
LE ARTI
Nel testo di narrativa “Il libro dell’inquietudine” Fernando Pessoa analizza le diverse categorie artistiche, le descrive e definisce in maniera efficace e originale.
Dice il poeta portoghese:
- la musica culla, perché si allontana dalla vita;
- la letteratura simula la vita, finge o inganna, al massimo imita la vita;
- le arti vive (danza e teatro) divertono perché vivono della stessa vita umana;
- le arti visuali (pittura e scultura) animano perché non si allontanano dalla vita, fanno uso di formule visibili dunque vitali.
Se consideriamo la produzione di Fabio Sandrini risulta evidente che la formula vitale della sua pittura è l’iperrealismo. Volendo collocare il nostro in un filone artistico lo citeremo come pittore iperrealista.
2 - Corrente Artistica
IPERREALISMO
Realismo estremo, movimento artistico americano ed europeo (anni ’70 del secolo scorso) caratterizzato dalla ricerca di una riproduzione mimetica della realtà. Prima ancora pittura realista rinascimentale del ‘600, dei pittori dell’ottocento, dei grafici del XX secolo.
Come ritrattista e paesaggista Fabio Sandrini imita motivi e caratteri, li coglie e rappresenta con particolare abilità:
- rivela una grande capacità di osservare e descrivere nel dettaglio la realtà;
- copia per scoprire, per carpire il segreto della natura in ogni suo aspetto, con pazienza e perizia in modo da assorbire, assimilare, cioè per trasferire l’elaborazione nell’ambito della propria coscienza;
- la tecnica è ad acquerello, preferita rispetto a quella a olio e acrilica, scelta per la naturalezza del colore, per la trasparenza e la morbidezza del materiale;
- strada impervia per la difficoltà se non l’impossibilità di correzioni, ma che esalta straordinariamente la precisione, gli effetti di luce e la ricerca dei colori.
3 - Qualifica
PITTORE RAFFINATO
Senza connotati autocelebrativi, da esteta Fabio persegue l’affermazione del bello come indispensabile valore aggiunto delle sue produzioni:
- lo fa attraverso la ricerca addirittura spasmodica di perfezionismo degli aspetti formali e cromatici, con cura maniacale perché è congeniale al suo carattere paziente e meticoloso;
- ama i suoi quadri che gli appartengono intellettualmente, fisicamente sono come dei figli, prima ancora ama il proprio lavoro e la pittura che ne sortisce;
- ama il mondo che lo circonda in tutte le sue componenti, come gli scorci tra cielo e mare che ha scelto e disegnato.
4 - Significato
SCORCIO
Se si ricorre al vocabolario, alla voce scorcio si legge letteralmente: vista o visuale prospettica di raggio limitato.
Da scrittore penso a scorcio quale momento di una rappresentazione, non soltanto pittorica, anche umanistica, che s’impone per rapidità ed evidenza sintetica.
Servendomi di una citazione di Kafka
...l’unità dell’assoluto non si compone che di frammenti del tutto...
mi piace associare, nel merito dell’opera di Fabio Sandrini il pensiero di scorcio al lemma: frammento del tutto.
Nella produzione di Fabio Sandrini:
- prima scorcio colto nell’immediatezza attraverso una sensazione improvvisa, può essere idea, atmosfera, magia;
- poi scorcio interiorizzato, vissuto intellettualmente e sentimentalmente attraverso una descrizione dettagliata, accurata, metodica, con un lavorio certosino che somiglia a una paziente introspezione, cioè come registrazione interiore delle proprie esperienze.
5 - Tema: scorcio tra cielo e mare
Commento alla MOSTRA "Scorci tra cielo e mare"
A scorrerla non si direbbe monotematica, ci sono soggetti diversi, ma prevalgono visioni che sembrano voler escludere l’habitat più congeniale all’uomo, i suoi abitanti animali, i suoi variegati paesaggi urbani o extraurbani, i ritratti delle persone e di animali.
Come se Fabio avesse sentito al momento della loro produzione il desiderio di staccare i piedi da terra, di elevarsi, di librarsi nell’aria.
Pensa a uno stato e a uno spazio che fisicamente non ci appartengono, che non sono tangibili.
Ma che rimangono estremamente vitali per l’uomo, perché comprendono, includono elementi fondamentali alla nostra sopravvivenza: l’acqua e l’aria.
Considerando le altre produzioni sandriniane, che hanno maggiormente il carattere della concretezza e del particolareggiato, mi piace credere che Fabio abbia voluto sollevare lo sguardo. Questa volta per vedere il più lontano possibile, con l’intimo peculiare piacere dell’astrazione.
Che allora l’immaginazione abbia preso il sopravvento sulla realtà terrena fino a escluderla.
scrivo
...L’artista arriva a immedesimarsi nell’incorporea fantastica incerta linea d’unione tra cielo e mare. Lì non c’è presenza dell’uomo, ma il richiamo ancestrale dell’idea umana di eternità, di immortalità, di spiritualità...
In questo caso Fabio si cala dentro questa entità per farne parte integrante e grida, parafrasando il poeta Fernando Pessoa: “l’universo non è mio, sono io”.
Lo dipinge (l’universo) e mentre lo disegna e lo colora non sente il bisogno di andare, ma di stare lì a sognare, non soltanto con i propri, anche con gli occhi di chi guarderà il suo quadro.
Lui sa bene che ognuno di noi ha una diversa percezione del dipinto rappresentato.
Un altro aspetto da sottolineare è una personale concezione filosofica panteistica, che si manifesta nel cercare nell’universo il proprio Dio.
Lo fa attraverso uno stretto avvicinamento alla natura, vissuto in una condizione di amalgama, mescolanza, impasto, fusione.
Fabio, attraverso i ritagli tra cielo e mare, cerca e trova il suo Dio prediletto.
scrivo
...Lo cerca e trova con il suo onorevole mestiere: frammento di universo, forme giganti attutite e umanizzate, luci e ombre discrepanti, colori fulgidi o crepuscolari.
Conoscendolo mi è piaciuto usare per lui il verbo frugare,
- lavorare con le cose e dentro le cose:
- con lo sguardo lui fissa intensamente, indaga a fondo, scruta;
- con le mani lui cerca e sposta, ispeziona o rovista, con le mani addirittura parla.
Ecco perché la propria arte, come ogni volta è avvenuto, prende non soltanto forma ma anche anima.
Infine attraverso il suo linguaggio pittorico, fonde il significato lessicale (lettura) con quello formale (visione) per creare l’unicum significante espressivo, cioè il valore di ogni sua opera d’arte.