Treviso che non c’e', un vero successo

Non c’è alcun dubbio: la mostra “Treviso che non c’è” oltre a raccogliere consensi e successo di pubblico, segna una tappa fondamentale nella trasformazione del concetto di “mostra”. Non si tratta, infatti, di una semplice esposizione di dipinti, disegni, fotografie, ma si arricchisce degli interventi dei co-protagonisti: enti, associazioni, giovani artisti, musicisti.

Ne hanno parlato i giornali, ampiamente e dettagliatamente. Ne parla la televisione (è di oggi il servizio ricco e piacevole di Maria Pia Zorzi su Rai Regione Veneto). Ed è evidente che il successo lo si deve a tutti coloro che hanno creduto in questo progetto, partecipando con le proprie capacità professionali e artistiche, trasformando l’iniziativa in un vero evento che non ha paragoni nella storia delle esposizioni trevigiane.

Ottima l’interpretazione del testo “Treviso che non c’è” da parte del Gruppo Teatro “Trevisograffiti”, diretto da Michela Cursi e Aliona Chirita. Devo ammettere che quando ho scritto questo testo non avevo la chiara percezione di come si sarebbe trasformato nelle mani dei giovani interpreti del gruppo teatrale: Michela Cursi, nei panni della critica d’arte, Gabriele Volpato in quelli di Tino Spezza, Fabio Geromel interprete di Antonio, Linda De Prisco nel “megafono” dello spettacolo, Enrico Zanon nei panni di Ivo Noci, Antonio Sanseverino in quelli di Dino Conta, Cristina Celsi per Pina Scalo, Massimo Bassetto nel controllore, guidati alla consolle da Marco Pasetto. Tre quarti d’ora di divertimento, per gli equivoci, l’ironia, la sorpresa degli avvenimenti.

Non credo di aver mai visto un’inaugurazione presentata da un gruppo teatrale. Nessun critico d’arte presente, solo attori e spettatori, per dar vita a qualche cosa che è subito apparso nuovo, inconsueto. Nuovo nel taglio culturale, nuovo nelle forme propositive. Certo, il collante è stato il titolo e le opere fotomontaggio presenti. Una insolita reinterpretazione della città di Treviso, fatta di scorci, piazze, vie, palazzi, assemblati, ricollocati in paesaggi marini e montani, tra prati e boschi, che a Treviso non si sono mai visti.

E domenica la replica dello spettacolo, con inoltre gli interventi musicali degli studenti del Liceo “Giogione” di Castelfranco Veneto, coordinati dalla professoressa Paola Acoleo. Una ventina di ragazzi a suonare brani del rinascimento e del 1900.

Poi la presentazione dei costumi-scultura di Mara Carraro, realizzati appositamente per la mostra, sul tema della “Treviso che non c’è”, con dettagli che richiamano elementi tipicamente trevigiani: dal radicchio alle cupole del Duomo, dallo stemma cittadino ai dettagli della città.

Infine il gruppo teatrale “Pop-Gun” dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, che ha presentato la performance eseguita a Praga in occasione dello Scenofest alla Quadriennale di Teatro. Inusuale e sorprendente le due definizioni che ricorrevano tra gli spettatori del gruppo formato da Elena Bonotto, Gianluca Cataldo, Margherita Curci, Silvia Ferracin, Elisa Lombardo, Ambra Sandrini, Carlotta Targa, Ilenia Tesser, Giulia Zucchetta.